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Il 12 marzo 1930 Gandhi partì insieme a settantanove studenti del suo ashram di Sabarmati per raggiungere la costa ed estrarre qualche grammo di sale dall'acqua marina, in aperta violazione delle leggi sul monopolio imposte dall'Inghilterra. Un atto di disubbidienza civile che coinvolse moltissimi indiani, unitisi al corteo lungo il percorso, e che divenne noto come la Marcia del Sale. Numerosi partecipanti vennero arrestati e lo stesso Gandhi fu condannato al carcere. Dalla cella di Yerawada, dove rimase chiuso per otto mesi, Gandhi scrisse quindici lettere (cui se ne aggiunse una sedicesima redatta dopo la scarcerazione) per continuare a guidare i discepoli rimasti nell'ashram. In esse affronta i temi centrali del suo pensiero - la Verità, la non violenza, il coraggio, il rispetto per tutte le religioni, lo spirito di fratellanza, l'umiltà -, e tocca importanti questioni morali e sociali, quali la radicale ingiustizia del concetto di intoccabilità e la necessità di riconoscere ai paria pieni diritti civili. Con umiltà e rigore e con la comprensione profonda ma mai giudicante che caratterizza la sua riflessione, il Mahatma comunica in queste lettere quel messaggio di rinnovamento materiale, morale e spirituale che avrebbe cambiato le sorti dell'India e si sarebbe diffuso in tutto il mondo, un messaggio di pace, libertà e giustizia.